di Riccardo Masini /
“I had played many conventional hex-and cardboard
wargames over the years, but knew
that they could never capture The Look – they
had plenty of geometry but it was the geometry
of hexagons, dominated by grid direction,
not at all the geometry of linear warfare.
Ironically, early wargames, the nineteenth century
German Kriegspiel, physically were quite
close to The Look: they used rectangular
wooden blocks on a gridless map. Really, what
I was trying to do was not to give wargames
something they had never had, but return to
something they’d had but lost.”
(Bowen Simmons, Designer’s Notes di Triomphe à Marengo, il gioco nelle foto)
Ora, buoni! Non voglio dire che gli esagoni non sono la vera tradizione del wargame, non voglio dire che gli esagoni non mi piacciono, non voglio dire che smetterò di giocare e anzi di amare i wargame con gli esagoni come faccio da decenni.
Fatte queste dovute premesse, le parole di Simmons mi hanno fatto riflettere molto su quello che definiamo “tradizione” nell’ambito del gioco di simulazione storico. Perché esisteva la tradizione del Kriegsspiel, poi affiancata dalla tradizione degli hex and counter (dobbiamo i primi a Von Neumann e i secondi a Nash). Poi è arrivata la tradizione dei block games (che in parte riprendevano la tradizione del Kriegsspiel). Poi ancora è arrivata la tradizione dei card-driven games (che in parte riprendevano la tradizione degli hex and counter, la mescolavano pure un po’ con la tradizione intermedia degli area impulse games che era arrivata nel frattempo e poi ancora con la tradizione dei giochi di carte che ci sono sempre stati…). Poi è arrivata la tradizione degli eurowargames (che ha preso tutte le tradizioni di prima e le ha mescolate a loro volta con quella degli eurogames…). E poi è arrivata la tradizione di…
E così via, di tradizione in tradizione. Per non parlare delle varianti interne alle tradizioni (i giochi con attivazione chit pull, i giochi di simulazione deterministici, i giochi ibridati con il tridimensionale). E per non parlare del fatto che anche nel tridimensionale la tradizione dei cannoni a molla alla Wells è stata affiancata dalla tradizione dei wargame coi dadi, poi affiancata da quella dei regolamenti che usano anche le carte, poi da quella dei regolamenti con dadi speciali… E vogliamo parlare dei giochi di ruolo? O dei boardgame ad ambientazione storica?
Insomma, conclusioni? Due.
La prima: Che di tradizioni nel gioco di simulazione ce ne sono tantissime, hanno tutte pari dignità (e pari magagne), e possono tutte coesistere allegramente insieme (per la ventimillesima volta: non è che se gioco ad Undaunted non posso più giocare ad ASL o, peggio, commetto chissà quale atto impuro contro la “tradizione” che impedisce di giocare ad ASL anche a te che mi critichi per l’insano gesto… shocking news: molti giocano con diletto ad Undaunted E ANCHE ad ASL!!!).
La seconda: Che non sono del tutto d’accordo con la Simmons, non è che creando un wargame con blocchetti di legno e mappe ad area torni “indietro” al Kriegsspiel, ma continui a seguire la stessa identica direzione che la simulazione ha preso fin dai tempi del Kriegsspiel (e pure un po’ prima): in avanti. Lo sperimentare, il ricercare nuove soluzioni di design, il focalizzare l’attenzione del gioco su altri elementi degli eventi storici…
Il che porta ad una sola chiusa: diversità e innovazione rappresentano non voglio dire l’unica, ma a mio parere la migliore e forse più importante tradizione del gioco di simulazione storico.
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