di Riccardo Masini /
Ormai un paio di annetti fa, mi ritrovai una sera a guardare una di queste belle dirette che si succedono spesso sui canali YouTube di wargame americani e non solo. L’ospite della serata era nientemeno che Mark Herman, il quale discorreva dei suoi tanti anni di carriera e della sua grande esperienza nel wargame design.
Come spesso accade, alla fine della puntata c’era uno spazio per le domande e io, cogliendo un’occasione così ghiotta come avere uno come Herman a portata di tastiera, ne ho approfittato chiedendogli cosa ne pensasse di questa tendenza all’ibridazione nel wargame con tutte queste meccaniche da Eurogame, lui che per primo aveva aperto questa porta con We the People e i card-driven…
Beh, la sua risposta è stata tanto semplice quanto significativa: “Meccaniche Euro? Non saprei… io non conosco meccaniche che siano “tipicamente” Euro, io conosco solo meccaniche che servono o non servono a rappresentare bene una data situazione storica. A me interessano solo quelle.”
Che poi, lo confesso, era un po’ quello che volevo sentirmi dire.
Anzi quelle parole mi hanno riportato dritto ai mesi in cui scrivevo (un po’ a marce forzate per arrivare in tempo con la stampa per il Modena Play 2018, lo confesso) Le Guerre di Carta 2.0 e dovevo definire un qualche criterio di distinzione tra Eurogame e gioco di simulazione… e alla fine lo avevo trovato in questo: il design del primo si focalizza più sulle meccaniche che sul contenuto (spesso scelto successivamente, sulla base delle meccaniche stesse), nel secondo invece il contenuto domina, determina e modifica pesantemente le meccaniche. E attenzione, usavo il termine “contenuto” e non “tema” a ragion veduta, giacché lo ritenevo più pregnante e descrittivo del valore della situazione specifica rappresentata nel gioco: non solo un “tema” generico, ma proprio i fatti concreti che sono oggetto dell’esperienza ludica. Il contenuto, appunto.
Ora, prendiamo un momento per buona questa definizione. Non è mia, sia chiaro, ma risponde a tutta una scuola di pensiero sulla simulazione che parte da Dunnigan e soci, per arrivare alle “meccaniche adatte e non adatte” di Herman o ai COIN di Ruhnke creati per combattere proprio il “game tribalism” da meccanica. Insomma, tutti quegli autori e titoli che hanno fin dagli anni ’70 cercato di andare al di là della visione esclusivista della triade “esagono/ZOC/CRT” come unica reale meccanica valida per avere un “vero” gioco storico.
Accettiamola, dunque, come effettivo portato già della scuola classica del wargame design, non come invenzione di chissà quale autore sbarbatello dell’ultima generazione. Consideriamone le conseguenze e chiediamoci una buona volta se quando parliamo di simulazione forse non sia il caso di concentrarsi meno sulle meccaniche in quanto tali, cantandone alternativamente gli elogi più sperticati o pronunciando la loro più inflessibile condanna con fare quasi ossessivo… quanto piuttosto non sia il caso di chiederci se una qualsiasi meccanica (esagono, carta, area, pezzetto di legno, asta, deck building o che cavolo sia) sia o meno in grado di rappresentare efficacemente una certa dinamica storica, e se sì quali singoli aspetti di quella dinamica riesca ad evidenziare e quali invece lasci sullo sfondo. Infine, chiediamoci perché l’autore abbia voluto usare proprio quella meccanica (senza liquidare il tutto con espressioni come: “in questo wargame ci sono le carte solo perché l’editore voleva vendere”).
Se… quanto… come… perché… forse… queste sono le domande più interessanti da farci e tutte in relazione non alla singola meccanica in quanto tale migliore o peggiore, ma più o meno adatta solo in funzione dell’unica cosa che conta realmente in una simulazione: la corretta (e magari anche coinvolgente… per usare una “brutta parola”, perfino “divertente”…) rappresentazione degli elementi storici.
Insomma, facciamo tutto questo così, anche solo per prova, e vediamo cosa succede.
Forse ci concentreremo davvero più sulla sostanza delle nostre simulazioni e meno sulla forma, che ha un suo valore fondamentale, ma non certo egemone su tutto il resto e mai svincolato dalla sua reale funzione nell’ambito del sistema di regole. Forse guarderemo con più attenzione alla qualità della resa storica e meno alle apparenze esteriori di questa o quella regoletta. Forse scopriremo che – con date regole e in certe situazioni – una mappa ortogonale può essere meglio di una esagonale per rappresentare – in un certo modo e con un certo equilibrio di gioco – le battaglie lineari dell’antichità o napoleoniche. O che in un altro titolo con tutt’altro bilanciamento di regole sempre sullo stesso periodo vanno molto meglio gli esagoni. O le aree. O perfino un misto di tutto ciò, magari con qualche carta o dado speciale buttato in mezzo.
Insomma, forse ci ritroveremo a riflettere più sul contenuto e meno (anzi, meglio) sulle meccaniche.
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