di Riccardo Masini /

Il gioco di Napoleone, parte prima: la fortuna.
Pur con la sua semplicità di fondo data dal “gira una carta, tira un dado, gira la carta dopo”, I, Napoleon ti mette di fronte ad alcune realtà del gioco di simulazione. Perché, ok, lasciamo sempre da parte la domanda se un gioco simile sia o meno un “wargame”: poco aveva senso con il biografico fittizio Legion of Honor che ne è una delle ispirazioni principali, figuriamoci in un gioco così letteralmente biografico di una persona realmente esistita. Chiamatelo come volete, ma qui quanto meno un’idea di “simulare” la vita del Bonaparte c’è, eccome, finanche nei dettagli della sua vita privata.
Di questo aspetto più personale magari parlerò in un’altra occasione, qui vorrei concentrarmi proprio sulla parte più prettamente esteriore del tutto: la sezione militare e quella diplomatica. Ho letto (e in parte sono d’accordo) che soprattutto la prima è trattata in maniera un po’ sbrigativa: accumula modificatori, tira un dado e vedi cosa succede… se rimani in stallo, tira una seconda volta con modificatori peggiori, e vai avanti finché o vinci o perdi. E da lì vedi cosa succede, considerando che dopo un certo anno sia sconfitte che vittorie possono essere particolarmente bloody, costose in termini di risorse e vite umane, con quel che ne consegue.
Sì, è sbrigativa e forse fin troppo essenziale. Però proprio questa sua semplificazione ci permette di riflettere su di un aspetto fondamentale della simulazione: questo benedetto caso.
Se ci pensate, questo sistema di risolvere una campagna pare essere la realizzazione pratica di quanto disse Mark Herman tempo fa, prima in varie interviste e poi con i suoi soliti splendidi articoli iperdocumentati su C3i. Come funziona la risoluzione degli eventi nella simulazione? Con un tiro di dado, certo, e su quel singolo elemento il giocatore non può far nulla perché venga un 6 (o un 10, nel nostro caso) anziché un 1. Ma prima, invece… subito prima del tiro del dado il giocatore di simulazione, wargamer o meno, fa esattamente quel che gli chiede I, Napoleon: accumula modificatori, cambiando le condizioni del tiro e i suoi esiti mediante le sue scelte strategiche. E dopo il tiro cerca o di approfittare al massimo del successo, o di contenere i danni magari avendo già pronte delle mosse di riserva.
Il che è esattamente quello che vi chiede I, Napoleon, pari pari. Qui certamente è tutto ridotto a “Mi porto appresso Murat o Davout? E quando chiamo Junot? Attivo questa campagna ora che ho ancora la Grande Armée per compensare il fatto che il nemico ha riserve ingenti, o aspetto altri bonus in un momento successivo?” E poi, nel dubbio, il reroll che abbiamo a disposizione ogni turno… altra fortuna, sì… ma sta a noi scegliere quando usarlo.
Insomma, il caso. Ma con la strategia che si annida tutta nei modificatori, che dipendono anche e soprattutto dalle nostre scelte. Semplice, certo. Sbrigativo, forse. Ma anche incredibilmente chiaro.
E, come diceva il nostro buon Napoleone, un buon generale è sempre meglio che sia anche fortunato, nel senso che sappia mettere a frutto i momenti favorevoli e rispondere alle conseguenze di quelli meno favorevoli.
L’arte della guerra, del wargame e del gioco di simulazione, sta (anche) qui.


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