di Lorenzo Nannetti /
Non sempre giocare significa mettere il gioco da tavolo come fulcro. Ci sono infatti casi dove si gioca ma il gioco paradossalmente è solo “accessorio” alla vera attività.
Un esempio è l’attività di STAFFEX, che indica un tipo di esercitazione condotta da partecipanti che interpretano le attività di stato maggiore (a vari livelli). Ovviamente in ambito militare spesso ciascuno rappresenta… se stesso, nel senso che l’attività è condotta proprio per esercitare le funzioni di stato maggiore, in particolare il processo di pianificazione delle operazioni.
I partecipanti ricevono ordini – stilati come un ordine vero – e materiali che indicano la situazione che stanno affrontando (a seconda del livello può essere uno scontro ormai prossimo, l’inizio di una guerra ecc…) il contesto e quali obiettivi devono raggiungere. A questo punto pianificano le proprie operazioni come se fosse la realtà (entro i limiti imposti) e le forniscono agli arbitri (white cell) entro un certo tempo.
Gli arbitri ricevono dunque gli ordini di entrambe le parti e a questo punto devono decidere cosa succede. In realtà non esiste un unico modo: potrebbero deciderlo loro secondo il loro giudizio, potrebbero utilizzare un software che simula le operazioni militari (ad esempio Command: Modern Operations per le operazioni aeree e navali, altri per quelle terrestri) o un wargame analogico da tavolo.
A questo punto informano le squadre di come è andato lo scontro, forniscono un briefing di aggiornamento (che come nel Kriegsspiel può indicare solo ciò che loro potrebbero davvero sapere) e poi le squadre hanno altro tempo (di solito ridotto, apposta, perché l’azione una volta partita richiedere maggiore rapidità di reazione) per pianificare le prossime mosse. Gli arbitri ricevono questi nuovi ordini e la cosa prosegue fino al termine prestabilito.
Lo scenario è spesso inventato, perché serve soprattutto a fornire un inquadramento geografico e temporale
Vi ricorda in effetti un po’ il Kriegsspiel? C’è però una differenza importante.
In questi casi l’obiettivo non è tanto vedere come vada a finire, ma esercitarsi nel processo di pianificazione militare, che comprende vari passaggi, strumenti ed è più complesso di quanto non si creda. E’ vero che ciascuno di noi, quando gioca a un qualsiasi gioco da tavolo (wargame o meno), sostanzialmente compie più o meno gli stessi passaggi mentalmente, ma qui parliamo di qualcosa di più strutturato ed approfondito. Il gioco/wargame usato per la risoluzione delle azioni è dunque uno strumento che in maniera più o meno approssimata mostra l’efficacia delle scelte fatte e soprattutto costruisce la nuova situazione sulla quale far partire il nuovo processo di pianificazione.
Lato gioco, è evidente che un wargame, per poter supportare una tale attività, debba avere un modello che consenta di osservare differenze a seconda delle scelte compiute in fase di pianificazione. Mi spiego: se l’attività di pianificazione delle operazioni aeree richiede che i partecipanti possano scegliere tra diverse combinazioni di cacciabombardieri, caccia di scorta ecc… ma il wargame prevede solo che l’azione area consiste nel muovere 1 segnalino generico di operazioni aeree su uno spazio bersaglio (e basta), la granularità della pianificazione si perde. E allora una scelta vale l’altra, rendendo inutile la cosa.
Deve perciò esserci una certa corrispondenza tra scelte fatte nella pianificazione, e ciò che il modello rappresenta nel gioco. Non deve necessariamente essere oltremodo complesso (gli arbitri possono risolvere con il loro giudizio gli elementi non direttamente rappresentati dal gioco, anche per rendere il tutto più gestibile), ma la domanda base deve rimanere: le scelte effettuate nella pianificazione hanno una qualche corrispondenza nel gioco che uso per la risoluzione?
Nel gioco a scopi professionali (idem anche per scopi didattici), si parte dagli obiettivi e si vede se e come il gioco sia appropriato, mai il contrario.
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