di Riccardo Masini /
Spesso le pedine hanno due lati. Sempre i dadi hanno più facce. Talvolta le carte evento hanno tante opzioni di applicazione. Tutte le tabelle sono soggette a modificatori e cambi improvvisi di colonna… insomma, fin dai loro componenti più classici il wargame e il gioco storico trovano le loro fondamenta nella diversificazione delle meccaniche e nel ribaltamento continuo (ma mai caotico, sempre in forza di qualche principio razionale) di elementi che si consideravano fino ad un momento prima stabili ed immutabili.
Tuttavia, questo “dinamismo” costante delle loro basi funzionali non si limita unicamente ai componenti che troviamo nella scatola.
E’ nella natura stessa della simulazione quella di fornire una prima interpretazione dei fatti effettivamente dettagliata e coerente… ma anche gli strumenti per ribaltare quella posizione originaria, ovviamente da dare in mano ai partecipanti all’esperienza ludica: i giocatori. Questo perché, appunto, sempre di “giochi” stiamo parlando, quindi di oggetti che già semanticamente includono nel loro lemma definitorio (“gioco”) il concetto di libertà e di movimento: Huizinga ci ricorda che il gioco non può che essere libero, il “gioco” tra i meccanismi interni dell’equazione “gioco” (in un meraviglioso doppio o triplo “gioco” di parole!) è già nella parola un movimento regolato e allo stesso tempo continuo.
Questi ribaltamenti si manifestano in vari modi, tutti regolarmente esplorati dai game designer alla ricerca di nuove soluzioni e nuove dinamiche da proporre, alcune delle quali (anzi, forse la maggior parte) devono ancora essere scoperte.
Qui possiamo evidenziarne due, forse le più generali.
Da un lato abbiamo i ribaltamenti del giocatore, del suo punto di vista, delle sue premesse di partenza, dei suoi parametri iniziali di scenario. Insomma, quei giochi che ci chiedono di interpretare soggetti storici poco trattati dalla storiografia o addirittura solitamente visti come “antagonisti”. Pensate a titoli come Kaiserkrieg!, solitario che ci vede combattere la Grande Guerra da Berlino, con in testa l’elmo chiodato appunto del Kaiser Guglielmo. O ancora Terrible Swift Swordfish, che al pubblico britannico ricorda una grande vittoria navale nel Mediterraneo ma che a noi Italiani riporta in pieno nella disfatta dell’attacco contro la base navale di Taranto del 1940. O Navajo Wars, che ci fa vedere tre secoli di storia dalla parte di quegli “Indiani” che nel Western classico se va bene erano selvaggi pericolosi da evitare, se va male direttamente i nemici. O This Guilty Land, in cui uno dei giocatori impersona i politici schiavisti durante gli anni precedenti alla Guerra di secessione americana. O infine all’imminente The Other Side of the Hill, citazione di un libro dello storico Liddel Hart, che ci mette nei panni nientemeno che dei generali tedeschi della Seconda guerra mondiale.
Certo, piano, attenzione ai revisionismi (sempre in agguato), ma la possibilità di rivivere comunque grandi eventi del nostro passato vedendoli letteralmente “dall’altra parte della collina” è un’opportunità unica per ogni appassionato di Storia al fine di aumentare la propria consapevolezza. Non certo “spegnendo” il proprio senso morale perché “tanto è solo un gioco” e allora possiamo anche dimenticarci un tiro di dado dopo l’altro tutte le atrocità commesse durante la Seconda guerra mondiale, o passare sopra all’abominio della segregazione razziale e della schiavitù in virtù di una banale gamificazione del passato… bensì “acuendo” il nostro esame proprio grazie al coinvolgimento diretto e alla spinta alla ricerca personale successiva ottenuta “grazie al gioco”.
Dall’altro lato, troviamo i ribaltamenti del gioco stesso che, magari con titoli differenti o addirittura con lo stesso regolamento a seguito di varianti di diversa natura, ci permettono di vedere la stessa vicenda, magari con lo stesso punto di vista soggettivo nei panni della stessa “fazione”, ma con approcci storiografici totalmente diversi. E allora ecco le “grandi coppie” come The Great Game e Pax Pamir sul contrasto tra Russia e Gran Bretagna in Afghanistan, con le popolazioni dell’area viste in un caso come semplici “risorse” da usare le une contro le altre, in un altro come i veri agenti del conflitto che in realtà corteggiano le grandi potenze solo per soddisfare i propri interessi di parte. O ci si può dedicare a simulare il conflitto del Vietnam, sia con un grande dettaglio diretto e la luce puntata sulle operazioni cinetiche di Vietnam War, come anche con gli approcci ibridi politico-militari di Fire in the Lake e Hearts & Minds (peraltro essi stessi basati su approcci “ibridi” diversi tra loro!). O ancora N: The Napoleonic Wars e il prossimo I, Napoleon: cercherete di fermare Napoleone in quanto “Orco” e “Gran ladro d’Europa”, oppure preferirete stare così tanto dalla sua parte da impersonarlo direttamente fin dai suoi primi giorni di cadetto della Scuola militare di Brienne? O addirittura vi dedicherete a giochi come Hidden Strike: American Revolution o Votes for Women, che prevedono ugualmente modalità cooperative, semicooperative, competitive, in solitario e chissà cos’altro?
E dunque, al di là anche qui delle tentazioni rappresentate da processi di immedesimazione o accettazione acritica di tesi storiche un po’ troppo spinti, quale di questi giochi con prospettive del tutto diverse propone un’interpretazione storica “migliore”? O non sono solo interpretazioni diverse, con modalità diverse, con scopi diversi, con focus simulativi diversi… ma tutti egualmente validi, e forse ancor di più grazie alla loro diversità, che vi spingerà a confontarli tra di loro, a rivedere gli stessi eventi da punti di vista talvolta perfino opposti, che incrementerà anziché ingabbiare ciò che avete di più prezioso: la libertà di giocare quello che volete, come volete e nel modo che volete.
Il tutto verso un’analisi storica sempre critica, consapevole e condotta con quel sano distacco che non è dato dall’indifferenza morale, ma dalla consapevolezza che, senza nascondersi nulla, di ogni fatto storico bisogna sempre vedere tutti i lati… anche quelli al di là della collina. E i giochi di simulazione, con le loro infinite variazioni, l’oggettività garantita dalla loro matematica interna, e le ben solide regole di base ispirate da una precisa ricerca storica, sono lo strumento ideale per farlo.
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