di Riccardo Masini /
Titolo: The War of the Three Sanchos
Autore: David J. Mortimer
Editore: Surprised Stare
Numero di giocatori: 1-3 (solitario con procedure dedicate)
Durata: 30-45 minuti
Descrizione: Ci ho pensato un po’ prima di inserire questo titolo nel novero degli Apri e Gioca. Non per la complessità in sé delle regole, che non è proprio banalissima, ma rimane comunque molto lineare e perfettamente familiare a chi conosca la meccanica del “menu di azioni” (ossia, una roba che trovate circa nel 70-80 per cento dei giochi da tavolo attuali… con la notevolissima eccezione degli hex and counter più tradizionali…). Non per la quantità dei componenti o (mi viene da ridere) le dimensioni della mappa: tutta roba che sta in una scatoletta trasportabile nella tasca di un giaccone e che non supera la grandezza di un mezzo A4. Non per la durata, che di per sé è ben sotto un’ora anche grazie ad un numero fisso di turni datto dall’unica smazzata di carte che genera una quantità predefinita di azioni (vittoria improvvisa a parte, che riduce ulteriormente il tutto).
Ma per il gioco in quanto tale.
Perché questi benedetti titoli della serie Pocket Campaigns della Surprised Stare ti danno sempre la prima impressione di essere carini, rapidi, semplicissimi da affrontare… pure un po’ “pucciosi” e “innocui” nelle loro scatoline… poi li apri, appunto li giochi… e ti cade la mascella per la loro profondità strategica e per il numero di variabili su cui lavorano.
Rimaniamo focalizzati su questi benedetti tre Sancho. Siamo in Spagna, ma lo scudiero di Don Chisciotte deve ancora nascere. Qui i cavalieri sono reali e combattono contro “Saraceni” altrettanto reali. Ma anche e soprattutto contro gli altri cavalieri. Perché siamo sì in Spagna, ma è quella del Cid Campeador, quello ritratto nello storicamente inesatto ma epico e coinvolgente a bestia filmone anni ‘60 con Charlton Heston, come anche nella più storicamente plausibile ma incredibilmente noiosa serie spagnola di pochi anni fa. E’ la Spagna della Reconquista, senor, ma di quella fase in cui i Cristiani erano più impegnati a farsi la guerra tra di loro che alle taifas dei Musulmani: insomma, il prequel di Almoravid, ludicamente parlando.
Quindi, i tre Sancho sono i sovrani di Castiglia, Aragona e Najera, i tre regni cristiani più potenti, sorti nel nord della penisola iberica. Poco sotto troviamo l’ancora islamica Saragozza, che tendenzialmente si fa i fatti propri, sa di essere terra di conquista (detto altrimenti “il vaso di coccio tra i vasi di ferro”) e paga ora l’uno ora l’altro sovrano cristiano perché faccia la guerra al vicino e non a loro. Infedeli sì, ma mica scemi (e peraltro piuttosto ricchi, oltre che incredibilmente più acculturati di quegli zotici del Nord).
E i tre giocatori sono i suddetti tre zotici del Nord, che muoveranno le loro truppe rappresentate in maniera astratta da dischi colorati (agh, allarme legnetti!), guidandoli talvolta con la propria persona rappresentata in maniera astratta da un meeple colorato (doppio agh, il meeple segno inequivocabile dello dimonio germanista!), combattendo a botte di tiri di dadi speciale (triplo agh, come farò a guerreggiare sanza la salvifica et canonica CRT?). Solo che tutta questa roba è un wargame card driven di quelli davvero cattivi e tutti contro tutti: roba da coltellate alla schiena al vicino, seguite da coltellate alla schiena a chi ha dato la coltellata alla schiena al vicino… perché il nemico del mio nemico è solo un altro bersaglio.
Due i meccanismi fondamentali del tutto. Il primo, giocate una carta a turno, ma di quella usate solo i punti azione… le altre azioni che ci sono sopra e l’ordine della loro esecuzione riguardano solo i vostri avversari, che saranno letteralmente costretti ad eseguirle che gli piaccia o meno (e quindi o mandate all’aria un’alleanza coi vostri intrighi, o gli imponete di muovere truppe che – peccato! – non hanno e quindi gli fate perdere un turno… ma poi saranno loro a fare lo stesso). Il secondo, altrettanto geniale, la battaglia: si tirano tanti dadi quante sono le truppe, più uno speciale più grosso se avete il vostro Re in campo, e i risultati uguali si annullano… poi, partendo dai risultati più alti li rimuovete togliendo sia uno dei dadi minori prima che possa “colpire” che un’unità del nemico (e se in uno stesso territorio ci sono unità di un terzo giocatore… vengono coinvolte anche quelle nella battaglia!). Vince il tutto chi fa un tot di punti con le regioni conquistate, ma occhio che per conquistare una regione dovete prima prenderne il castello (e gli assedi sono LUNGHI) e soprattutto non mollarlo mai… ho già detto che gli avversari possono imporvi di fare delle azioni che non vorreste?
E il Cid? Ok, c’è anche lui, che fornisce supporto al giocatore messo peggio mettendosi al suo servizio. D’altronde, finì anche per combattere per i Musulmani il ragazzo… par condicio di spadate salomonicamente distribuite a tutti da Al Sidi (ossia Il Maestro) “Campi Doctor”, detto anche El Cid Campeador: che in antico arabo iberico tardomedievale può essere tradotto come “severo ma giusto”). Se avete fatto il Kickstarter (come il sottoscritto, che se gli parli di Spagna della Reconquista indossa prima l’elmo e poi si chiede per chi debba combattere, che tanto è tutto già bellissimo così), vi arriva anche un “puzzillo” del Cid con ulteriori regole opzionali.
Infine, il gioco lo potete giocare anche in due controllando Najera a turno, o da soli con un semplicissimo set di priorità e un crudelissimo equilibrio di cattiverie incrociate coi bot più carogna dell’universo, anche tra di loro. Però spargersi coltellate tra gli amici o ancora meglio costringere gli amici a darsele tra di loro e godersi lo spettacolo è un’esperienza speciale. Quasi formativa. Quasi esistenziale, oserei dire.
Il risultato finale? Altro che giochino, un WARGAME (maiuscole volute…) che dà il meglio in tre giocatori e che appare perfetto come “fratellino discolo” di un Diplomacy, in cui giocate più spesso le carte per dare fastidio agli avversari che per favorire le vostre mire. Insomma, delizioso.
Quindi, è un apri e gioca? Ma sì, certo, dai, è un gioco semplice che ci metti dieci minuti per capire le regole e una mezzoretta o giù di lì per fare una prima partita. Però, giocarlo bene… beh, giocarlo bene è tutta un’altra storia. Anzi tre, quelle dei tre Sancho.
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